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SCRITTURE PARALLELE. LA TRIESTE DI ZENO COSINI E MAGDALENA VALDEZ

Il primo romanzo del collettivo Joana Karda

di Gianluca Bocchinfuso



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“…Nel romanzo di Joana Karda riscontriamo una sorta di passaggio da un impianto realistico - che si dipana in età e mondi diversi - ad un altro più centrato sulla riflessione della propria malattia, l’analisi progressiva del proprio io superiore ad ogni elemento naturale e ad ogni elemento generale. Uno sforzo che mette la macrostoria in secondo piano e lascia centrale l’occhio verso sé stessa, verso la microstoria di piccole relazioni. Un sé spesso impaurito, spesso disorientato nel ritrovarsi e riprendere le strade vissute e quelle ancora da vivere. Non è semplice gestire le relazioni e le aspettative sulla propria vita soprattutto quando rimangono alcuni elementi irrisolti, come l’episodio di violenza subito in età giovanile.

Quest’opera di Joana Karda può considerarsi un’opera già matura. La struttura narrativa e gli elementi tematici stanno dentro un’unitarietà stilistica fortemente cercata e mai abbandonata per tutto il romanzo. Non ci sono passaggi di discontinuità e di debolezza narrativa in relazione al fatto che il lavoro è a otto mani. È una sintesi durevole che attraversa storie e momenti diversi, che ci permette di attraversare mondi lontani fisicamente e distanti culturalmente.

Le autrici ci accompagnano e lo fanno senza scivolare in nessun passaggio narrativo: la singolarità di ognuna di loro trova forza nella collettività della loro scrittura plurale, nuova, dinamica. Una scrittura senza confini, appunto…”

Appendice: quattro voci, una voce.

1)      Com’è cambiato il vostro processo di scrittura nel passaggio dalla progettualità individuale a quella collettiva?

Scrivere collettivamente mette in circolo idee, emozioni, visioni e sensa-zioni. Si scrive entro i confini di un cerchio, dove tutto è in movimento. Sco-pri che c’è sempre una soluzione possibile, anche se a volte comporta delle rinunce. La scrittura collettiva è un processo di democratizzazione della pa-rola, che ti insegna a distaccarti dalle tue idiosincrasie personali e ad adotta-re uno sguardo esterno, super partes.

2)      Nella seconda parte di Schischok voi documentate com’è nato il racconto. Quali sono le difficoltà di una scrittura collettiva e cosa, ognuno di voi, ha scoperto della propria scrittura nel lavoro comune?

L’ostacolo più difficile da superare è stato quello di rinunciare ad alcune delle proprie idee in nome della riuscita di un progetto in comune. Una volta trovato il denominatore comune, si deve svolgere l’operazione. Bisogna essere pronti a rimettere tutto in gioco e allo stesso tempo fare attenzione a non perdersi. Perdere il filo conduttore è un attimo! Allo stesso tempo, pe-rò, il processo di meticciato culturale approfondisce la propria scrittura e ci fa scoprire potenzialità insospettate. Per esempio, ci siamo rese conto che certi «difetti» linguistici – particolarità dovute alle nostre origini rispettive –possono diventare pregi, se usati per caratterizzare il modo di parlare dei personaggi.

3)      «Inseguite» le idee narrative iniziali insieme oppure individualmente per poi renderle collettive? Ne L'Ultimo aereo il tema è comune ma la sensibilità dei singoli racconti è diversa. In che modo si sono in-trecciate le vostre parole e le vostre eteroletture in questa «scrittura veloce»?

I tre testi pubblicati da noi sinora prendono forma da strutture diverse. In Schischok ognuna di noi ha dato vita ad un personaggio, che ha fatto poi interagire con gli altri, mentre in Le molte vite di Magdalena Valdez abbiamo fatto una staffetta, passandoci il personaggio nelle varie fasi della sua vita. In entrambi i casi, siamo partite da idee condivise, sviluppate e spesso scritte insieme.
L’ultimo aereo, invece, non è il frutto di una scrittura collettiva vera e propria, bensì di una scrittura individuale che abbiamo intrecciato in un secondo momento. Ci premeva scrivere qualcosa subito, con un punto di vista internazionale sulla pandemia. I tre racconti, scritti durante la solitudine del lockdown, si sono impigliati nella rete.

4)      La pluralità di situazioni e di stati d'animo che accompagnano la vita di Magdalena è una coralità                  magnetica attraverso mondi diversi e situazioni imprevedibili. Al di là delle contaminazioni culturali, quale elemento personale ognuno di voi ha dato alla protagonista?

Le molte vite di Magdalena Valdez è un progetto di scrittura artigianale che ha richiesto uno sforzo interiore importante e che si è sviluppato su di un tempo molto lungo, portandoci in direzioni a volte impreviste. Ognuna di noi ha portato degli ingredienti, ma durante il processo di scrittura i vari elementi si sono amalgamati fino a prendere un gusto unico. Via via che la protagonista prendeva forma, si caricava di nuovi elementi, spesso influenzati dai caratteri dei personaggi che incontrava. Si potrebbe dire che è stata la stessa Maddalena a guidarci nelle scelte narrative, scegliendo gli ingredienti che più le si confacevano dai nostri orti individuali.

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